Assicurare un supporto ottimale a una persona affetta da demenza può essere davvero molto complicato. Più di ogni cosa occorre capire che a gestire certe situazioni non si può essere da soli, ma anche il cosiddetto caregiver deve essere supportato.

Il progressivo declino cognitivo, con il tempo, determina una condizione di seria invalidità, nella maggior parte dei casi complicata da disturbi comportamentali che possono rendere particolarmente problematica e frustrante l’interazione con il paziente.

Alcuni accorgimenti, tuttavia, possono facilitare il compito del caregiver, contribuendo anche a migliorare il benessere generale del malato.

Gli spazi domestici.

Sul piano pratico, un primo aspetto da considerare riguarda le caratteristiche dell’abitazione, che deve essere resa il più possibile sicura e organizzata in modo tale da ottimizzare l’autonomia residua dell’anziano.

In particolare, si devono eliminare tutti gli ingombri, gli oggetti e le situazioni che possono facilitare il rischio di caduta, dotando invece i diversi spazi di dispositivi di supporto specifici.

In bagno e lungo le scale vanno applicate maniglie e corrimano alle pareti e dispositivi antiscivolo nella vasca, sul pavimento e sui gradini.

Niente novità.

Un secondo punto importante è che la persona affetta da demenza soffre di ogni cambiamento di luogo e abitudini.

Per evitare inutili stress e traumi, quindi, si dovrebbe cercare di lasciarlo il più possibile in un ambiente che gli sia familiare, riconoscibile, nel quale sia facile memorizzare la collocazione degli oggetti e le attività quotidiane possano seguire percorsi consolidati.

Se sono più persone a farsi carico dell’assistenza (come per esempio i figli, a turno), dovrebbero essere loro a spostarsi per stare vicino al malato mentre la persona continua a vivere nella stessa abitazione.

Un po’ di attività fisica.

Da promuovere è, invece, l’attività fisica, che il paziente deve essere aiutato a svolgere con modalità e ritmi compatibili con le proprie condizioni cliniche generali, ma in modo costante e quotidiano.

Non serve chiedergli di compiere grandi sforzi: semplici passeggiate all’aria aperta sono perfette per tutelare il tono muscolare, migliorare la mobilità articolare e l’equilibrio, aumentare l’appetito e contrastare la stitichezza, nonché per scaricare la tensione e l’aggressività che spesso caratterizzano questi malati e migliorare l’orientamento nell’area circostante la casa.

Il movimento dell’anziano è prezioso anche per chi lo assiste, perché facilita il riposo notturno ed evita a chi gli dorme accanto continui risvegli o intere notti insonni. In questo modo, si promuove anche la sua permanenza più prolungata al domicilio perché, spesso, sono proprio i disturbi del sonno tipici della malattia di Alzheimer che, incidendo pesantemente sulla qualità di vita dei familiari, portano a optare per il ricovero in strutture di lungodegenza.

Come rapportarsi.

Sul fronte della comunicazione è invece importante essere pazienti, gentili e ‘accoglienti’, ricordando che le sue eventuali reazioni negative dipendono dalla malattia e non da una reale ostilità o scarsa considerazione per chi ha di fronte.

Per interagire produttivamente e farsi capire si deve parlare lentamente, con calma. Non si devono pretendere risposte rapide e precise e non ci si deve innervosire se la persona sembra non ascoltare o pensare ad altro.

È fondamentale usare parole semplici e frasi brevi e dirette. Dopo avergli posto una domanda, gli si deve lasciare il tempo di rispondere.

Per chi assiste.

Per quanto possa sembrare difficile, in termini sia pratici sia psicologici, chi si occupa dell’assistenza a un anziano con demenza non deve dimenticare di ritagliare periodici spazi per sé stesso, concedendosi momenti in cui potersi dedicare ad attività piacevoli, possibilmente insieme ad altre persone. Non è una scelta egoista e non ci si deve sentire in colpa per aver temporaneamente abbandonato il proprio ruolo di caregiver, affidandolo ad altri.

Si tratta di una strategia indispensabile per ricaricare le energie fisiche e mentali ed evitare di andare incontro a fenomeni di esaurimento psicoemotivo, dannosi non soltanto per chi li vive, ma anche per il malato di cui devono occuparsi.

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